REGGIO CALABRIA
NOME ANTICO: RHEGION, che significa "dividere", indicherebbe la separazione dell'Italia dalla Sicilia.
Rhegion fu l'antica colonia dei Calcidesi di Eubea, la sua fondazione
contemporanea a Zancle (Messina) risale all'VIII secolo a.C.. Le antiche fonti (Dionigi di
Alicarnasso) raccontano che un decimo dei cittadini calcidesi furono costretti a partire
dalla loro città a causa di una carestia: consultato l'oracolo di Delfi essi fecero vela
alla volta dell'Italia.
Chiusa a nord dalla catena dell'Aspromonte, la città ebbe un ruolo essenzialmente
commerciale legato alla navigazione dello Stretto, tanto che, persino in età medioevale,
Reggio, a differenza di molte città dell'età classica non ebbe un arretramento dal
proprio territorio, ma mantenne sempre le proprie caratteristiche di centro di smistamento
di traffici e scambi, pur sopportando nel corso dei secoli continue invasioni e
distruzioni.
La ricostruzione di Reggio avvenuta dopo il terremoto del 1908, ha completamente
modificato l'impianto urbanistico della città antica.
L'opera degli archeologi ha portato alla scoperta d'insediamenti umani nell'area reggina
che vanno dall'età Neolitica sino alla prima età del Ferro, documentando l'importanza
strategica del sito già in epoca antichissima.
Molto poco si conosce di Rhegìon a causa della totale coincidenza della città moderna su
quella antica; solo qualche raro ritrovamento di materiale, oltre alle molteplici fonti
storiche, consentono di confermare la data di fondazione alla seconda metà dell'VIII
secolo i principali rinvenimenti archeologici sono da ascrivere a epoche molto più
recenti.
I tratti di cinta muraria visibili sul lungomare della città, sono costruiti in blocchi
isodomi di arenaria a due cortine parallele e risalgono al V secolo a.C.. Altri settori
del sistema di fortificazione, costruito con l'uso di mattoni crudi e calcare, sono venuti
alla luce in località Collina degli Angeli e Trabocchetto nella parte alta di Reggio.
Allo stato attuale delle ricerche, il più antico e importante rinvenimento archeologico
di Rhegion è un santuario arcaico detto Griso-Laboccetta sito fra le vie Aschenez,
Torrione e Palamolla.
Il santuario, dedicato ad una divinità femminile, Hera, Demetra o Persefone, ha
restituito bei manufatti in terracotta, in massima parte ex voto databili dal VI al
III secolo a.C.. Accanto al santuario sono state rinvenute tracce di altre costruzioni,
fra cui un "tempietto", da porre in relazione alla funzione sacra dell'area.
Per il più famoso santuario detta città, il tempio di Artemide Regina, ricordato da
Tucidide, si è ipotizzata l'ubicazione nell'area dell'ex stazione di Reggio Lido, dove
sono venuti atta luce resti di strutture murarie dall'età arcaica all'età bizantina.
Rhegion si confermerà per tutto il periodo della sua esistenza come città
prevalentemente commerciale: le fonti documentano infatti la grande importanza del porto
sullo Stretto, importanza che si manterrà inalterata anche in età romana; resta ancora
sconosciuta la sua ubicazione, anche se si è ipotizzato che potesse sorgere a sud delta
città, nell'area in cui nel 1562, a causa di un vasto movimento tellurico, sprofonderà
in mare il promontorio di Punta di Calamizzi.
L'intero territorio di Reggio si rileva di grande fascino sia per il valore storico che
per la bellezza paesaggistica. L'area su cui la città esercitava la sua influenza
politica resta delimitata sullo Jonio da Capo Spartivento (il promontorio Heracleion) e
dal promontorio di Leucopetra (dove sorgeva il santuario dedicato a Demetra e Core),
mentre sul Tirreno il controllo di Reggio si estendeva sino alla città di Metauros, sul
fiume Petrace (l'odierna Gioa Tauro), colonia voluta dai Calcidesi per migliorare le rotte
di commercio tra Zancle e Cuma. Interessanti rinvenimenti archeologici sono venuti alla
luce anche nelle zone interne aspromontane. A Oppido Mamertina, un centro posto a dominio
dei margini sud-orientali della piana di Gioia Tauro, sono state ritrovate testimonianze
che rivelano i rapporti tra Rhegion e le antiche popolazioni, la cui esistenza è
documentata, fra l'altro, dai materiali rinvenuti nelle necropoli.
Tutte le scoperte sugli insediamenti di età classica hanno confermato il quadro di una
città che, oltre a controllare le vie di accesso costiere, si era organizzata
territorialmente attraverso numerosi insediamenti minori (prioikides), alcuni posti
sulla costa (Motta S. Giovanni), altri nelle zone interne, in rapporto con lo sfruttamento
boschivo dell'Aspromonte. La città di Reggio ospita dal 1944 il Museo Nazionale in cui si
possono ammirare, oltre ai celeberrimi Bronzi di Riace, ricchi e pregevoli materiali
provenienti da Rhegion, Locri, Medma, Metauros, Caulonia, Krimisa e Laos.
TRADIZIONE STORICA
La città, che sorse tra il torrente Annunziata e il Calopinale, fu fondata secondo la
tradizione alla metà dell'VIII sec. a.C. dai Calcidesi consacratisi ad Apollo. Questi, in
seguito ad una terribile carestia, emigrarono da Delfi in Italia e seguendo la volontà
dell'oracolo si stabilirono in Italia Meridionale. Secondo un'altra tradizione furono
invece gli Zanclesi (gli abitanti dell'odierna Messina) a chiamare i Calcidesi che,
guidati dall'ecista Antimnesto, fondarono la nuova colonia.
I Calcidesi fondarono Reggio e Messina poiché i due avamposti sullo stretto servivano a
controllare il traffico marittimo.
Ignota è invece la fondazione storica di Reggio. Scarse sono le testimonianze della
città antica.
Reggio diede prova della sua potenza militare schierandosi prima al fianco di Locri contro
Crotone nella battaglia della Sagra (560 a.C.) e poi contro la stessa Locri a cui
contendeva il dominio nella fascia più meridionale dello Jonio.
Agli inizi del V secolo a.C., sotto la guida del tiranno Anassilao, conobbe un periodo di
splendore e ricchezza. Successivamente la città, alleata di Atene, fu distrutta dal
tiranno di Siracusa Dioniso I, nel 387 a.C., e ricostruita dal figlio di questi, Dioniso
II, prendendo il nome di Phoebia.
Nel 280 fu occupata dai Mamertini della Campania e nel 270 divenne colonia romana, fu
successivamente chiamata per volere di Augusto Rhegium Julium, mantenendo ancora
per lungo tempo la lingua greca.
LEGGENDA
Secondo la tradizione i Calcidesi consacrati ad Apollo si recarono a consultare
l'oracolo per fondare una colonia, e ottennero questa risposta: dove l'Apsia, il più
sacro dei fiumi, si getta in mare, troverai una femmina che sposa un maschio; lì fonda
una città, perché il dio ti concede la terra Ausonia.
Recandosi sul posto, vicino al fiume Apsia, i Calcidesi trovarono una vite intrecciata
attorno a un fico selvatico, e in quel punto fondarono la città.
I resti archeologici dell'antica colonia calcidese sono assai scarsi perché coperti
dall'abitato moderno.
Sono state rinvenute alle estremità meridionali e settentrionali della città necropoli
databili al IV e III sec. a.C., che hanno restituito ricchi corredi con ceramiche a figure
rosse e a vernice nera, e molti ornamenti in oro.
Resti archeologici:
- mura di cinta a doppia cortina con blocchi squadrati di arenaria lunghi 73 metri,
probabilmente risalenti alla metà del IV secolo a.C.
- Resti di un edificio termale in laterizi di epoca romana imperiale. Al centro presentava
un mosaico con decorazione geometrica bicroma (colori bianco e nero).
- Duomo: dedicato all'Assunta, interno a tre navate, quella centrale ha un soffitto a
cassettoni. Nella navata sinistra: sepolcri seicenteschi e sepolcri moderni dei vescovi
Antonio Lanza ed Enrico Moltabetti. Nella Cappella in fondo: pala con l'Assunta del
Crestadoro (inizi XIX sec.). Nell'abside: rilievi bronzei con scene dell'Antico e Nuovo
testamento, di Antonio Berti. Nella Navata centrale: pulpito marmoreo con bassorilievo
opera di Francesco Jerace. Nella navata destra: altri sepolcri seicenteschi e cappella con
crocefisso ligneo del XVIII sec. Dal transetto sinistro si accede al Cappellone del SS.
Sacramento, decorato a fini intarsi marmorei policromi (secoli XVII - XVIII).
- Castello: resti di due imponenti torri cilindriche e un tratto della cinta muraria del
periodo aragonese (XV sec.).
- Chiesa degli Ottimati: dedicata all'Annunziata, e così chiamata nel 1780 per volere di
Ferdinando di Borbone. Interno a tre navate, il pavimento a mosaico è stato restaurato
nel 1858.
Spazio espositivo: Museo Archeologico Nazionale, via De Nava.